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"L'opera non patteggerà con l'impostore Gesù Cristo". Buckley nega Dio, ma vuole dimostrare al Dio inesistente che gli uomini mortali sono capaci di concepire un mondo. Buckley muore avvelenato a Baton Rouge, nel 1825. Nel 1914 la società rimette ai suoi collaboratori, che sono trecento, l'ultimo volume della prima Encyclopaedia di Tlön. La pubblicazione resta segreta: i suoi quaranta volumi (l'opera più vasta che mai si sia compiuta dagli uomini) dovranno servire di base a una altr'opera più minuziosa, redatta non più in inglese, ma in una delle lingue dl Tlön. Questa revisione di un mondo illusorio si chiama provvisoriamente Orbis Tertius, e uno dei suoi modesti demiurghi fu Herbert Ashe, non so se come agente di Gunnar Erfjord o come affiliato. Il fatto che egli ricevette l'"undicesimo volume" sembra favorire la seconda ipotesi. Ma gli altri volumi? A cominciare dal 1942, i fatti si moltiplicarono. Ricordo con singolare nettezza uno dei primi, e mi pare che sentii qualcosa del suo carattere premonitore. Accadde in un appartamento della via Laprida, dinanzi a un chiaro e alto balcone aperto sul tramonto. La principessa de Faucigny Lucinge aveva ricevuto da Poitiers il suo vasellame d'argento. Dal vasto fondo di un cassone costellato di etichette internazionali, venivano tratti alla luce oggetti fini e immobili: argenteria di Utrecht e di Parigi con una dura fauna araldica, un samovar. Tra il vasellame - con un percettibile e tenue tremore di uccello addormentato - palpitava misteriosamente una bussola. La principessa non la riconobbe. L'ago turchino anelava al nord magnetico; la cassa di metallo era concava; le lettere del quadrante erano d'uno degli alfabeti di Tlön. Fu questa la prima intrusione del mondo fantastico nel mondo reale. Della seconda, per un caso che m'inquieta, fui ancora testimone io stesso. Accadde alcuni mesi dopo, nel bazar di un brasiliano, alla Cuchilla Negra. Amorim e io tornavamo da Sant'Anna. Una piena del fiume Tacuarembó ci obbligò a provare (e a sopportare) quella rudimentale ospitalità. Il brasiliano ci sistemò due brande cigolanti in uno stanzone ingombro di botti e di cuoiami. Ci coricammo, ma ci tennero svegli fino all'alba le escandescenze d'un vicino invisibile, che pareva ubriaco e alternava bestemmie inestricabili con frammenti di milongas: o meglio, con frammenti d'una sola milonga. Com'è naturale, attribuimmo quell'insistente baccano all'amicizia del padrone per la propria acquavite... Ma all'alba, trovammo l'uomo morto nel corridoio. L'asprezza della sua voce ci aveva ingannato: era appena un ragazzo. Nel delirio, gli erano cadute dalla cintura alcune monete e un cono di metallo lucente, del diametro di un dado.
Un bambino, che volle raccogliere questo cono, non ci riuscì. Un uomo lo sollevò, ma con gran fatica. Io lo tenni in mano per alcuni minuti e ricordo il suo peso intollerabile, che perdurò anche dopo che l'ebbi lasciato.
Ricordo anche il cerchio preciso che mi scolpì sul palmo. Il fenomeno d'un oggetto così piccolo e nello stesso tempo così pesante, lasciava un'impressione spiacevole, di sgomento e di paura. Un contadino propose di gettarlo nel fiume tumultuoso. Amorim lo acquistò per pochi pesos. Nessuno sapeva nulla del morto, tranne che "veniva dalla frontiera".
Questi coni piccoli e pesantissimi (fatti d'un metallo che non è di questo mondo), sono l'immagine della divinità in certe religioni di Tlön.
Do qui termine alla parte personale della mia narrazione. Il resto è già nella memoria (o nella speranza, o nel timore) di tutti i miei lettori. Mi basterà di rammentare i fatti seguenti, con parole brevi che s'arricchiranno e amplieranno nel concavo ricordo comune. Nel 1944, un reporter del quotidiano "The American" (di Nashville, Tennessee) scovò in una biblioteca di Memphis i quaranta volumi della prima Encyclopaedia di Tlön.
Ma si discute tuttora sulla natura della scoperta: se sia stata casuale, o se l'abbiano consentita i direttori dell'ancora nebuloso Orbis Tertius.
L'ipotesi più verosimile è la seconda. Nell'esemplare di Memphis, alcuni passi incredibili dell'"undicesimo volume" (quelli, per esempio, sulla moltiplicazione dei hrönir) sono stati eliminati o attenuati; è ragionevole pensare che queste correzioni corrispondano all'intenzione di presentare un mondo non troppo incompatibile con il mondo reale. La disseminazione di oggetti di Tlön nei diversi paesi farebbe parte dello stesso piano... Il fatto è che il "ritrovamento" ha avuto nella stampa internazionale un'eco infinita. Manuali, antologie, riassunti, versioni letterali, ristampe autorizzate e non autorizzate di questo Opus Majus del Genere Umano hanno inondato e continuano a inondare la terra.
Quasi immediatamente la realtà ha ceduto in più punti. Quel ch'è certo, è che anelava di cedere. Dieci anni fa, bastava una qualunque simmetria con apparenza di ordine - il materialismo dialettico, l'antisemitismo, il nazismo - per mandare in estasi la gente. Come, allora, non sottomettersi a Tlön, alla vasta e minuziosa evidenza di un pianeta ordinato? Inutile rispondere che anche la realtà è ordinata. Sarà magari ordinata, ma secondo leggi divine - traduco: inumane - che non finiamo mai di scoprire. Tlön sarà un labirinto, ma è un labirinto ordito dagli uomini, destinato a esser decifrato dagli uomini.
Il contatto con Tlön, l'assuefazione ad esso, hanno disintegrato questo mondo. Incantata dal suo rigore, l'umanità dimentica che si tratta d'un rigore di scacchisti, non di angeli. E' già penetrato nelle scuole l'"idioma primitivo" (congetturale) di Tlön; e l'insegnamento della sua storia armoniosa (e piena di episodi commoventi) ha già obliterato quella che presiedette alla mia infanzia: già, nelle memorie, un passato fittizio occupa il luogo dell'altro, di cui nulla sapevamo con certezza... neppure se fosse falso. Sono state riformate la numismatica, la farmacologia e l'archeologia. Suppongo che la biologia e la matematica attendano anch'esse il proprio avatar... Una sparsa dinastia di solitari ha cambiato la faccia del mondo. I lavori continuano. Se le nostre previsioni non errano, tra un centinaio d'anni qualcuno scoprirà i cento volumi della seconda Encyclopaedia di Tlön.
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